LINGUE STRANIERE E IA: CRISI, TRASFORMAZIONE E NUOVE OPPORTUNITÀ
Nel dibattito sull’istruzione e sul lavoro del futuro, una domanda torna spesso a farsi sentire: ha ancora senso studiare le lingue straniere in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale? Alcuni sostengono che traduttori e interpreti siano destinati a scomparire, a prendere il loro posto saranno software sempre più sofisticati. Eppure, la realtà che emerge da studi e pratiche educative racconta una storia ben più complessa.
Negli ultimi anni, i corsi universitari di lingue hanno visto un calo preoccupante delle iscrizioni, non solo in Italia ma in tutta Europa. In Inghilterra, le iscrizioni agli esami A-level in lingue moderne sono scese sotto il 3%, mentre in Francia molte università hanno dovuto ridurre l’offerta linguistica per mancanza di studenti e di fondi.
A incidere sono vari fattori: la scarsità di docenti qualificati, la percezione che le lingue siano troppo difficili o poco redditizie e soprattutto la convinzione, alimentata dall’uso diffuso di strumenti digitali, che basti un clic per tradurre qualsiasi testo.
È vero: strumenti come Google Translate, DeepL o le nuove generazioni di IA generativa offrono risultati sempre più accurati, soprattutto in ambito tecnico e settoriale. Tuttavia, affidarsi a questi strumenti in modo esclusivo presenta rischi significativi, soprattutto in contesti importanti (campo legale, medico, diplomatico). Le macchine “trasformano” testi, ma non possiedono la sensibilità culturale, l’intuizione o la comprensione del contesto che sono invece essenziali per un traduttore umano.
Anche nell’interpretazione simultanea, la tecnologia è ancora lontana dal poter garantire un servizio affidabile e fluido. Le IA devono infatti passare attraverso una catena di passaggi (trascrizione, traduzione, rielaborazione vocale) in cui ogni segmento può introdurre errori. Inoltre, nei dialoghi interlinguistici complessi – ad esempio durante trattative internazionali o colloqui con rifugiati – l’interprete svolge anche un ruolo relazionale e culturale che una macchina non può replicare.
Un nuovo profilo professionale: il traduttore aumentato
Ciò non significa che le tecnologie non siano utili, anzi. Le università più all’avanguardia stanno già formando una nuova generazione di professionisti in grado di interagire l’uso dell’IA nei processi traduttivi. Software di supporto come i CAT tools (Computer-Assisted Translation) o i CAI tools (per l’interpretazione) permettono di velocizzare il lavoro, migliorare la precisione e adattarsi a contesto digitali complessi.
Questi strumenti, però, richiedono competenze nuove: saper leggere tra le righe, revisionare testi tradotti automaticamente (post-editing), gestire registri e stili diverso, interagire con ambienti digitali in tempo . Ecco perché sono nate figure ibride, come il post-editor o il transcreator, che uniscono competenze linguistiche, tecnologiche e culturali.
Formazione linguistica, una scelta ancora strategica
Oggi, più che mai, la formazione linguistica non va intesa solo come apprendimento di lessico e grammatica, ma come sviluppo di competenze interculturali, comunicative e critiche. In un mondo globalizzato – dove aziende, istituzioni e organizzazioni lavorano ogni giorno su scala internazionale – la capacità di comprende comunicare in più lingue resta una risorsa irrinunciabile.
L’Unione Europea, ad esempio, continua a investire nella formazione e nell’assunzione di traduttori e interpreti per far fronte al crescente volume di documenti multilingue. Anche nel settore privato, il numero di aziende che richiedono professionisti in grado di adattare contenuti per mercati diversi è in aumento.
L’IA non segnerà la fine dello studio delle lingue, ma ne sta modificando radicalmente le modalità di insegnamento e i profili professionali connessi. Chi oggi sceglie un percorso in traduzione o interpretariato non si prepara a un mestiere in via d’estinzione, ma a un ambito in trasformazione , dove la sinergia tra competenze umane e tecnologie avanzate è la chiave per affrontare le sfide future. Dove, ancora sempre, il valore della parola resta insostituibile.
Andrea Sole Paglia
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