GIOVANI VITE SPEZZATE: COME PUÒ L’ISTRUZIONE INTERVENIRE ?
Il 6 agosto 2025, all’età di 27 anni si è tolto la vita il responsabile dell’omicidio di Sara Campanella, una giovane donna brutalmente uccisa a marzo. La vicenda, già segnata da un femminicidio, si conclude con un’altra morte, gettando luce su un fallimento collettivo: quello di una società che spesso rimane indifferente davanti a segni di evidenza, che non ascolta o educa.
Davanti a storie come questa, non ci si può soffermare solo sullo sgomento che suscita la notizia appena letta, ci si deve interrogare profondamente, su cosa non ha funzionato o su cosa poteva essere fatto diversamente.
La scuola e l’università: luoghi dove si costruisce la coscienza
Non basta tutto ciò che riguarda la legge o le campagne sensibilizzanti se non si comincia dai luoghi dell’educazione. Le scuole e le università devono diventare spazi attivi dove si parla di femminicidio, si decostruisce una società malata, si mette in discussione il linguaggio, le abitudini, gli stereotipi che giustificano la prevaricazione e il possesso.
Gino Cecchettin, padre di Giulia – anch’essa vittima di femminicidio nel 2023 – ha lanciato un messaggio chiaro “ Parlate, fate dibattiti, contrastate le frasi tossiche che screditano la donna, create confronto, chiedete dialogo con gli adulti”. In un’epoca in cui molte relazioni si consumano nel virtuale, l’educazione emotiva deve tornare al centro dell’esperienza scolastica.
Femminicidi in Italia: i numeri dell’emergenza
Secondo il Ministero dell’Interno, nel 2024 sono state 124 le donne uccise in Italia, di cui 92 in ambito familiare o affettivo, spesso per mano di partner o ex. Un dato allarmante che si ripete con una tragica regolarità, anno dopo anno.
Ma dietro ogni numero c’è una storia, una giovane vittima, una vita presa, con sogni, studi e progetti. Quello di oggi è un contesto sociale che troppo spesso normalizza il controllo, la gelosia e tollera il possesso mascherato da amore, facendo credere di essere protetti.
Salute mentale: un’urgenza troppo spesso ignorata
Il suicidio del giovane detenuto che ha tolto la vita a Sara Campanella apre anche un’altra ferita: quella della salute mentale, spesso ignorata, sottovalutata o stigmatizzata. Secondo l’ISS (Istituto Superiore di Sanità), oltre il 20% dei giovani italiani soffre di disturbi legati all’ansia, alla depressione, al disagio psicosociale. Eppure, l’accesso a psicologi scolastici o universitari resta fortemente limitato e le figure di supporto sono spesso assenti.
Educare alla salute mentale significa insegnare a riconoscere i segnali del disagio, a chiedere aiuto senza vergogna, a costruire relazioni sane basate sul rispetto e sulla reciprocità.
L’amore non è possesso: serve un cambio culturale
Come ha ricordato ancora Cecchettin: “La cultura patriarcale è la radice di molte violenze”. Finché un ragazzo penserà di poter avere pieno controllo su una donna, finché dire “no” sarà interpretato come sfida o offesa, finché la fragilità sarà vista come debolezza, continueremo a contare vittime.
L’amore non ferisce, non controlla, non minaccia. L’amore si nutre di libertà e rispetto. Parlare di questo nelle aule, nei corridoi delle università, nei progetti extracurricolari non è solo importante: è vitale. Parlare, raccontare, confrontarsi. Le parole, se usate con consapevolezza, possono cambiare il mondo. Ogni lezione, ogni discussione, ogni incontro può essere un seme di consapevolezza.
Andrea Sole Paglia
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